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Critica d'arte Basilea Bologna
 

  CRITICA D'ARTE COLLETTIVA BASILEA BOLOGNA 
 “Contingenze simboliche”

C’è sempre una certa esitazione quando si deve presentare un evento artistico espresso da una nutrita mostra collettiva.
La eterogeneità degli stili e delle tecniche che vengono usate, nonché le nascoste personalità dei vari partecipanti, provocano quel momentaneo smarrimento e quella piacevole sensazione di poter collocare le varie opere su un’ideale scacchiera e giocare un’infinita partita fatta non di “mosse” intriganti, ma di piacevoli movimenti che animano le figure simboliche e le sue effimere contingenze, fedeli riproduzioni delle immagini sognate ed astratte dei quadri esposti.
Questa sorta di sperimentata simulazione è ciò che accade anche per questa importante rassegna di artisti italiani in trasferta a Basilea.
Le opere che saranno esposte sono quelle che compongono il presente catalogo. Non sono opere omogenee: insieme alle pitture ci sono alcune sculture e fotografie. C’è un insieme, soprattutto, comunicativo, anzi un insieme di figurazioni, di “contingenze simboliche” che sollecitano diversi ed articolati piani di lettura.
Le opere considerate, infatti, respirano una loro autonomia non tanto per la natura contenutistica quanto per la ricerca delle “intenzionalità” visive, performative e di verifica del proprio sentire.
Tutte le opere tendono a comunicare il “compiacimento del piacevole”: una sorta di complicità con chi vuole condividere certe emozioni o certi atti sospensivi legati alla nostra quotidianità.
Esiste in tutti gli artisti l’interesse per rendere tangibile un proprio senso di piacevolezza con il desiderio di esprimere l’esistenza di un oggetto della realtà concreta o di una realtà mitica-immaginifica.
Siamo di fronte a forme riflesse dell’intuizione creativa e di momenti che sembrano veri capitoli di un’intima narrazione.
Dalle pitture alle fotografie fino alle sculture, tutto ci parla in prima persona. Questi giovani e promettenti artisti italiani, contrariamente alle tendenze della moda dell’arte contemporanea, dove si cerca di spersonalizzare e di rendere l’opera d’arte un “vuoto a perdere”, ci ripropongono la concezione dell’arte come “trascendenza dell’oggetto, della realtà”, in cui evidente è la materializzazione del mistero dell’esistenza.
In queste opere non prevale l’estemporaneità o la casualità del fatto creativo, ma il desiderio di scrivere con i codici multipli dell’arte la propria pagina della visione delle cose e della vita.
Questi artisti non sono interpreti del malessere della società, non sono predicatori e diffusori di fatti artistici di maniera o di scelte che soggiacciono al totalizzante conformismo, ma ri-scopritori di identità sia verso un mondo che sta scomparendo sia verso la ri-considerazione dei valori che connotano l’individualità e l’integrità della persona.
Anche quando siamo di fronte ad opere che sembrano rintracciare equilibri estetici della composizione o la piacevolezza delle forme nella determinazione dei colori con qualche accenno allo sguardo surrealista od espressionista, l’artista ri-popone la centralità dell’Io e le cose…. dell’Io ed il senso di smarrimento o di sradicamento dall’albero della Vita.
La consapevolezza di recuperare il filo di Arianna della conoscenza, quella luce che illumina la realtà interiore di una umanità sospesa nel limbo delle incertezze esistenziali e mortificata da un opprimente materialismo, ci mostra il tentativo di riproporre l’equazione: parola (poesia) ed arte nelle sue varie manifestazioni.
Questo potremmo considerarlo come il “manifesto” culturale che unifica questa mostra e fa di questo gruppo di artisti italiani una pattuglia di giovani ricercatori che non intendono sentirsi orfani, ma protagonisti di un agire artistico nella certezza di non cadere nella trappola del dèjà vu ma nel rendere più spontanea possibile una riflessione su come pensare l’arte come scrittura, su come vedere nell’arte non una testimonianza del mondo che viviamo, ma riportare la produzione artistica ai “mondi dell’appartenenza”, alla ricerca delle identità perdute, alla complessa realtà dei saperi senza tempo.
Questi artisti non sono interpreti dell’illusionismo d’epoca, ma vogliono trasporre i linguaggi della vita nel linguaggio artistico, i contenuti dell’astrazione concettuale in produzioni formali ed informali come risonanza della propria esperienza, della propria soggettività.
Forse questi giovani artisti italiani hanno tutti un sogno: quello di rinascere ogni volta che si concretizza nell’opera d’arte l’immagine di sé, il ritrovato senso della visibilità del proprio Essere.


Prof. Franchino Falsetti
Critico d’Arte

 

Pittrice  
   
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